Oramai sono parecchi anni che lo studio della deformazione cardiaca ci blandisce per la valutazione delle patologie più varie, entrando a far parte anche delle linee guida (anche se non con evidenze poderose) per la gestione della stenosi valvolare aortica.
Cosa impedisce, ad esempio, che il 2D strain si attesti nello studio delle cardiomiopatie o ci aiuti a guidare in maniera oculata la terapia antiblastica (o anche immunosoppressiva in alcuni tipi di malattie reumatologiche)?
La domanda sorge spontanea, la risposta è: lo so.
La diffusione delle apparecchiature, la ripetibilità degli esami, la curva di apprendimento, il tempo a disposizione per l’elaborazione, e chi più ne ha più ne metta.
Feigenbaum ha sposato una crociata nel voler diffondere – non voglio dire il Verbo – ma almeno la presa in considerazione che, con le opportune semplificazioni, applicare il 2D strain non è poi così complicato.
Ricordando sempre che l’ecografia è tolemaica ed è lo specchio del paziente, leggetevi l’articolo qui.